III fermata: il padiglione del Venezuela ai Giardini della Biennale
Si prosegue lungo Viale Trento per arrivare al Padiglione del Venezuela, realizzato da Scarpa durante il corso degli anni 50, affidatogli dall’allievo ed estimatore Graziano Gasparini. Pittore ed architetto, Gaspirini consegna l’incarico a Carlo Scarpa nel settembre 1953, a condizione che i lavori siano conclusi entro maggio dell’anno successivo per l’inaugurazione della XXVII Biennale.
Un progetto travagliato, dal contesto difficoltoso poiché situato tra l’appiattito padiglione svizzero ed il cubo piramidale dell’URSS, odierno padiglione della Russia. Scarpa concepisce un volume di forma sobria, piuttosto elevata in altezza, come afferma la relazione del progetto di massima, dovuta dalla necessità plastica dei padiglioni contigui.
La struttura dell’edificio bene articolata in tre momenti distinti - come afferma la relazione - si articola dopo aver percorso lo spazio scoperto, simile ad un patio, tra la sala grande e il muro di cinta del padiglione svizzero. Lo spazio coperto si svela con la luce naturale attraverso la transenna di recinzione. Questa funge da schermo ma anche da unione, poiché di dimensione variabile: durante il cattivo tempo, si chiude con lo spostamento del pannello girevole.
L’architetto dispone lo spazio antistante il padiglione come area per l’esposizione. La sua copertura di forma cava è composta da una consistente soletta in cemento armato sospesa con sei coppie di montanti in acciaio.
L’interno, invece, si articola tramite due semi sale che rendono lo spazio apparentemente aperto e permeabile. Sono le strutture geometriche elementari delle vetrate che consentono la visione del cielo e della natura quelle che costruiscono uno spazio più chiuso e raccolto, diventando componenti fondamentali della scatola sobria e dell’illuminazione interna.
Inoltre, Scarpa crea uno spazio di smistamento ribassato con una pensilina in ferro rivestita di lastre di piombo ed internamente da asticelle di legno - è un passaggio, al quale sono agganciate le due sale maggiori.
La compenetrazione di materiali, il dialogo tra forme e contesto e la capacità di sintesi che Scarpa dimostra con questo progetto confermano le parole di Mazzariol, che ha definito questo padiglione come il gioiello della Biennale di Venezia.
Purtroppo, l’esecuzione dell’opera si è rivelata difficoltosa in termini di tempistiche. Il progetto di massima, ovvero la sua forma complessiva, viene approvato a gennaio del 1954. I lavori iniziano ad aprile, rendendo impossibile l’inaugurazione del padiglione e per metà settembre - quasi a termine dell’esposizione - resta ancora chiuso. Sono i primi giorni di Ottobre quando il padiglione venezuelano viene inaugurato con un vernissage “al grezzo”: assenti sono le porte, le rifiniture, i serramenti. Per la fine del mese, l’architetto consegna i disegni esecutivi dei dettagli costruttivi ed è solo per fine marzo del 1955 che i disegni per le panchine ed accessori vengono alla luce. Tra telegrammi, solleciti e ritardi il padiglione Venezuela è definitivamente ultimato solo il primo Giugno 1956: con un ritardo di circa tre anni.
Informazioni:
Giardini della Biennale
Viale Trento
SESTIERE CASTELLO
30122 VENEZIA
TEL. (+39) 0415218711
contenuti fotografici e digitali:
F. Dal Co; G. Mazzariol . Carlo Scarpa (1906-1978). Ediz. illustrata. Electaarchitettura paperback.